Salottino rendezvous
Stefano De Paolis & Fabio Mauri
In occasion of Milano Drawing Week by Collezione Ramo
19/11/2022 – 18/02/2023
In occasione della seconda edizione della Milano Drawing Week presentata dalla Collezione Ramo, la galleria Castiglioni ha il piacere di presentare la prima personale con la galleria di Stefano De Paolis (1992), Salottino Rendezvous.
Stefano De Paolis quando parla accarezza l’aria, lucida la sfera del discorso, si piega un po’ in avanti e con le mani tese sferra colpi da karateka.
Per noi è imprescindibile poter parlare del lavoro di un collega, compagno di studio e amico senza immaginare le sue camicie, i suoi stivaletti, la sua schiena gobba sul tavolo, la lampada ring light bianca chirurgica di ultima generazione che ricorda quelle degli architetti o delle influencer.
Perché il lavoro di De Paolis sta nella creazione (per fortuna) di un immaginario (per fortuna) che vive a cavallo di più tempi e dimensioni. Tutta la sua concentrazione è nel disegno, nel nervo teso che attraversa il legno della matita. La sua punta condensa una sensazione leggera ed eterea.
Se in pittura si studiavano i generi, Stefano fa del disegno un genere. Non c’è ritratto, natura morta, paesaggio, ma la perversione costante di creare un nuovo mondo fatto con le sue regole gentili, le sue passioni, i desideri.
Quando ci confrontiamo sul lavoro di De Paolis percepiamo entrambi la tensione del bianco come limite e possibilità, dove le cose emergono con una voce fioca, con quel gusto un po’ antico, ma classico, che hanno per esempio i fantasmi nel cinema.
L’immagine della mostra sta oltrepassando il muro e la sua dimensione, in costante stress nel volersi manifestare. Non a caso (o forse sì) uno dei personaggi presentati da De Paolis in mostra è soprannominato Fantasma, come il titolo di un nuovo episodio di una saga uscita al cinema o il fronte di una scatola contenente un action figure, di cui la dicitura ne definisce il modello. Potrebbe essere in versione “Super Sayan” o “Gear fifth”, ma invece è “Fantasma”, come a riprova che i pianeti strutturati dalla sua sensibilità siano allineati.
I disegni di Stefano sono le pagine di un romanzo che piace a lui (e fa piacere a noi). Se queste ingialliscono (ma Stefano è molto preparato), non invecchia invece la sua spinta immaginativa che lo porta spesso a raccontarci possibili scenari a noi nascosti.
Pensiamo ad esempio alla plancia di comando: il punto di vista cambia, diventiamo spettatori lontani, il soggetto narrativo diventa il suo progetto e De Paolis ci sta chiedendo qua lo sforzo immaginativo (per fortuna) di entrare dentro il suo mondo e farci riflettere sulla nostra natura. Chi sono io? Possiamo immaginarci come il Pilota sopra citato all’interno del suo mezzo. Ora siamo davanti alla pulsantiera e l’artista riesce a farci compiere un altro slittamento: la plancia da progetto torna a diventare soggetto evocativo, come una scena aerea cinematografica, questa volta di una città ideale su un pianeta blu, forse la meta del viaggio (THE END).
Siamo seduti sulla poltrona di un cinema, stiamo parlando del film che abbiamo appena visto, i pop corn sono finiti, abbiamo l’ultimo sorso di Sprite ed ogni cosa ci sembra quadrare (bravo Stefano). Anche il nostro viaggio è finito. Sì, ma l’artista ancora sta creando un meccanismo di enigmi per il quale un rettangolo bianco, escluso dal disegno, un rettangolo dove niente più è possibile (per essere precisi, ma anche misteriosi, come ci piace che sia un artista) ci fa tornare all’origine: ogni cosa deve succedere, tutto è ancora in potenza, il Pilota è eluso ormai dal suo processo di salvificazione narrativa.
Il Fantasma può manifestarsi.
Adesso ci rendiamo conto che il disegno di Stefano De Paolis ha delle particolarità interessanti. Non è la punta della matita a tracciare il percorso (l’insieme di segni), ma è usata come strumento riempitivo. Abbiamo visto Stefano, sul tavolo, con la sua lampada, le camicie da karateka, entrare nei millimetri del foglio, sezionarlo e prendersi cura di ogni porzione. Alla maniera dei cinquecenteschi lo strumento è impegnato una porzione alla volta, un quadretto alla volta, nel grande insieme che nel farsi si perde, diventa un dettaglio inutile per poi tornare disegno. Qui sta anche la perversione dell’artista di essere gentile con ogni cosa, di accarezzare, per poi svelare poco alla volta (anche a se stesso) l’immagine. Rientrando a casa continuiamo a parlare di ciò che abbiamo appena visto. Ci chiediamo: è vero che la realtà dipende dal suo osservatore?
Seduti iniziamo a fantasticare su cosa ci fosse oltre la porta chiusa della cucina.
Si fa tardi, uno dei due rimane a dormire dall’altro, i pensieri sono un alveare in testa e in camera è presente un armadio in legno che ricorda quello mostratoci da Stefano. Siamo da poco abituati al buio, e aiutati solamente da qualche contrasto che ne definisce i volumi superficiali, questo emerge lentamente nei nostri occhi. Uno di noi si alza e va verso l’armadio, l’altro lo guarda afferrare la maniglia… sta aprendo l’anta.
Testo di Federico Cantale e Giacomo Montanelli
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On the occasion of the second edition of Milano Drawing Week presented by Collezione Ramo, Castiglioni has the pleasure to introduce Salottino Rendezvous, the first solo show with the gallery by Stefano De Paolis (b. 1992).
When Stefano De Paolis speaks, he caresses the air, polishes the sphere of discourse, leans a little forward and with outstretched hands delivers karateka blows.
It’s impossible for us to talk about the work of a colleague, fellow student and friend without picturing his shirts, his boots, his back hunched over the table, the surgical white ring light reminiscent of those of architects or influencers.
Because the work of De Paolis lies in the creation (thankfully) of an imaginary (thankfully) that rides across multiple times and dimensions. All of his concentration is in the drawing, in the tense nerve that runs through the wood of the pencil. Its point condenses a sensation both light and ethereal.
Whereas in painting we could find its traditional genres, Stefano makes drawing a genre itself.
There is no portrait, still life, landscape, but rather the constant perversion of creating a new world made up of his gentle rules, passions, desires.
When we discuss De Paolis’ work, we both perceive the tension of white as a limit and possibility, where things emerge with a feeble voice and with that slightly ancient, yet classic, taste that ghosts have, for example, in cinema.
The image in the exhibition is crossing the wall and its dimension, in constant stress to manifest itself.
It’s not by accident (or maybe it is) that one of the characters presented by De Paolis in the exhibition is also called Fantasma (Phantom), as the title of the latest episode of a saga released in cinemas or the front of a box containing an action figure, of which the label defines the model.
It could be the “Super Saiyan” or “Gear fifth” version, but instead it is “Phantom”, as if to prove that the planets shaped by his sensibility are aligned.
Stefano’s drawings are the pages of a novel that pleases him (and pleases us). If the pages turn yellow (but Stefano is very well prepared), his imaginative urge, which often leads him to tell us possible scenarios concealed from us, does not age instead.
Let’s think, for example, at the control panel: the point of view changes, we become distant observers, the narrative subject becomes his project and De Paolis here is asking us the imaginative effort (thankfully) to enter his world and to reflect on our own nature.
Who am I? We can picture ourselves as the aforementioned Pilot inside of his vehicle.
We now stand in front of the control panel and the artist succeeds in making us make another shift: the control panel once again becomes an evocative subject, like a cinematic aerial scene, this time of an ideal city on a blue planet, perhaps the destination of the journey (the end).
We are sitting in a cinema seat, we are talking about the movie we have just seen, we’re out of popcorn, one last sip of Sprite remains and everything seems to fit ( well done Stefano).
Our journey is also over. Yes, but the artist is still creating a mechanism of enigmas in which a white rectangle, excluded from the drawing, a rectangle where nothing more is possible (to be accurate, but also mysterious, as we like an artist to be) makes us return to the origin: everythaing must happen, everything is still potential, the Pilot is now eluded from his process of narrative salvation.
The Phantom is finally able to manifest itself.
Now we realise that Stefano De Paolis’ drawing has some interesting peculiarities. It is not the point of the pencil that traces the path (the set of signs), but it’s used as a filler medium. We have seen Stefano, on the table, with his lamp, his karateka shirts, getting into the millimetres of the sheet, dissecting it and taking care of each portion.
Like artists in the 16th century used to do, the instrument is engaged one portion at a time, one small square at a time, in the great whole that gets lost in the making, becomes a useless detail only to return back to drawing.
Here also lies the artist’s perversion of being gentle to everything, to caress, and then gradually disclose (even to himself) the image.
Back home, we continue talking about what we have just seen. We ask ourselves: is it true that reality depends on its observer?
As we sit, we begin to daydream about what lies beyond the closed door of the kitchen.
It gets late, one of us stays over, thoughts are hives in our heads and in the room there is a wooden wardrobe reminescent of the one Stefano showed us. We are barely used to the darkness, and helped only by some contrasts that define the volumes surface, it slowly emerges in our eyes. One of us gets up and goes to the wardrobe, the other watches him grabbing the handle… he is opening the closet door.
Text by Federico Cantale and Giacomo Montanelli